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Il team cooking secondo Enrica

Abbiamo intervistato Enrica Quaglio, responsabile del progetto team cooking, ovvero un modo nuovo di fare formazione. Buona lettura.

 

Team Builing, Team Cooking. Collaborative learning e ricette. Ciao Enrica e benvenuta: ci schiarisci subito le idee?

Ciao Riccardo! Grazie dello spazio dedicato. Volentieri provo a schiarirti le idee… Per preparare un pranzo completo e curato, in un tempo ridotto, non puoi pensare di fare tutto da solo e senza organizzazione. Ecco, già qui ti ho inserito tutte le keyword per un corretto management aziendale. Ah, dimenticavo… devi anche tenere d’occhio il portafoglio!

Insomma, la cucina è un team di persone che lavora insieme per ottenere un obiettivo. Io non ho fatto nulla di trascendentale, tranne che far indossare un grembiule ed un cappello da cuoco ad una trentina di persone (impiegati, quadri, dirigenti) di un’azienda. Li ho portati in cucina e, alle direttive dello Chef Franco Luise, hanno lavorato insieme. Ecco tutto.

 

Quindi alla fine possiamo dire che una grossa azienda è confrontabile con una cucina ben organizzata? Ma gli ingredienti?

Esatto, una grossa azienda funziona esattamente coem una cucina. Se ci pensiamo bene, una cucina sforna un “prodotto”, cioè i piatti, che vanno a soddisfare i bisogni dei clienti che li comprano, esattamente così come un’azienda offre prodotti o servizi a dei clienti finali che li comprano per soddisfare le loro esigenze.

Per quanto riguarda gli ingredienti…beh, le persone sono l’ingrediente principale. Così come una cucina funziona bene se ci sono persone che sanno cosa devono fare e come devono farlo, anche un’azienda funziona bene quando ha all’interno perosne che, nei vari ruoli, lavorano insieme per arrivare ad un risultato atteso.

Ll’organizzazione è un ingrediente fondamentale! Una buona leadership dello chef o dei capi, è un’altro ingrediente principale. Il sale ed il pepe sono gli ostacoli, gli inconveninetni che ci possono essere strada facendo. La creatività e la fantasia sono necessarie: in cucina quanto al lavoro in azienda. Trovare nuove soluzioni, new business opportunity, è una cosa estremamente creativa.

 

Volevo chiederti se la “cucina” debba essere un’organizzazione piramidale o orizzontale ma temo tu abbia già risposto: ognuno con ruoli specifici in una struttura coordinata. Ma i pela-patate ci sono ancora? Una delle piaghe aziendali oggi è trovare volenterosi che capiscano il significato del cammino: dalle patate al tocco finale con l’aceto balsamico.

Hahahahaaa!!! Che bella domanda!!! La farei allo chef però! 🙂
Io di mio ti direi che la cucina è sicuramente una struttura piramidale, in cui c’è uno chef, poi ci sono i sous chef, i pela patate, ecc.

Più che concentrarmi su chi fa che cosa e se ci sono o meno i pela patate, ti offrirei un altro spunto: le patate senza buccia esistono? Risposta: NO! Quindi esistono per forza i pela patate. Poi, se a pelare le patate è lo chef o il pela patate, questo è un altro discorso e qui ritorniamo al concetto di organizzazione (lo chef non pela le patate, stanne pur certo!!!).

Concordo però con il fatto che oggi, sia molto difficile trovare i pela patate, il problema è grosso… ed è dato dal fatto che la tendenza classica è pensare che dobbiamo fare tutti i capi senza però l’umiltà di dire: dobbiamo partire dal basso. Ho apprezzato moltissimo in Masterchef Italia una frase che hanno detto i tre chef: Cracco, Barbieri, Bastianich

la PRIMA PROVA PER I 40 ammessi è stata: tagliare cipolle

A tutti i partecipanti, gli chef hanno detto: oggi noi siamo chef famosi, abbiamo fatto carriera…ma siamo partiti da qui, tagliare cipolle, pelare patate, ecc ecc…. quindi anche voi partirete da lì. Lo trovo bellissimo come messaggio da passare in tv, ai giovani soprattutto che escono da scuola e pensano di potersi permettere un po’ di tutto. Invece no…tante patate e tante cipolle…ogni mestiere ha le sue patate…e anche le sue cipolle…che fanno versare anche qualche lacrima!

 

In quella cipolla io ci vedo un parallelismo con le prove delle matricole universitarie descritte da Cialdini. C’è qualcosa di antropologicamente persuasivo in un lavoro da un lato umiliante dall’altro fondamentale per tutta la catena: indispensabile. Oggi – purtroppo – abbiamo anche troppi manager usciti da generazioni di colletti bianchi “bottonluisiani” senza calli nelle mani (o nel fondoschiena). Formazione, Cucina e… Web. C’è spazio per il duepuntozzero nel futuro della formazione?

Ci deve essere! La formazione è necessaria e in Italia siamo ancora allo 0.2…. mentre negli altri paesi sono al 2.0. La formazione esperienzaile riporta tutti al fondo della catena e a rifersi i calli nelle mani non puoi essere capo se prima non sei stato sotto ad un capo.

Devi crescere, devi sudare, fare fatica e devi sbagliare per evitare di farlo una seconda volta… e poi, dopo 3/5/8/10 anni ti guarderai indietro
e finalmente potrai “unire i puntini”…per citare Steve Jobs. E una volta che unisci i puntini potrai dire “ho inziato pelando patate, oggi vado in televisione”.

In ogni caso, il 2.0 della formaizone è l’esperienza, è ‘Outdoor Training Experience. E’ il riprodurre i medesimi errori che tu fai in azienda in un contesto assolutamente diverso per poterli analizzare ecorreggere e poterli riportare in azienda “ripuliti” questa è la formazione 2.0!.

 

La smetto di rubarti del tempo con un’ultima provacazione: azienda, cucina e squadra di rugby. Differenze e similitudini di team leading e organizzazione in 3 realtà così diverse.

Beh, allora…il mio primo team building è stato proprio con il rugby. In tutti e tre i casi l’organizzaizone è fondamentale. A livello aziendale ti direi che ogni azienda dovrebbe mandare i propri dipendenti sia in un campo da rugby che in una cucina. In un campo da rugby prima che in cucina… ti spiego perchè!

In un campo da rugby crei il gruppo, capisci a cosa serve il sostegno, capisci cos’è la collaborazione, capisci cosa significa “spingere insieme”, che è molto melgio che spingere “slegati”. Il passaggio successivo è poi quello di entrare in cucina, perchè li ti cimenti con un budget, scegli materie prime, hai una tempistica e devi organizzare un lavoro assolutamente coordinato.

Quindi se il rugby offre opportunità di rinsaldare lo spirito di gruppo e di aumentare il “fight spirit”, la cucina offre la possibilità di cimentarsi con la pura organizzazione e la creatività nel trovare soluzioni.

Se permetti, correggo la tua domanda: azienda cucina e rugby sono 3 realtà “apparentemente” diverse… in realtà, in tutte ritroviamo elementi comuni, che sono quelli che ti ho evidenziato sopra, oltre alla disciplina ed all apassione, elementi fondamentali per riuscire in tutto.

 

Enrica ti ringrazio per questa intervista gustosa: ha sicuramente arricchito il nostro sito. Ti lascio e vado a coccolarmi un po’ i miei food blogger: si sa mai mi regalino un’altro figlio come “Dai blog alla tua tavola”. Tu l’hai visto vero?

Grazie a te Riccardo! Ci siamo arricchiti a vicenda! Per quanto riguarda il tuo libro, o meglio il libro di Ricette 2.0, sto sfogliando la demo con attenzione in attesa di annusare il profumo del cartaceo.


Enrica QuaglioEnrica Quaglio, class 1972, si occupa di erogare formazione su misura per ogni diversa realtà professionale. La sua carrierà parte con una laurea in Scienze dell’educazione ed è coadiuvata dall’amore sfrenato per lo sport, prima per il basket quindi per il rugby (figlia di uno dei colossi del rugby italiano). Le sue key? Tenacia, motivazione, team spirit.
Se volete approfondire il suo sito è quaglio.it ma la trovate anche su Twitter, Linkedin e Facebook.

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